Rispondere a questa domanda in modo chiaro è difficile.
Le relazioni interpersonali, anche quelle psicoterapeutiche, non seguono schemi prefissati. Inoltre, come per ogni altro percorso personale, non è facile descriverlo a parole. Naturalmente, se vi sentite malissimo già alla prima seduta è meglio cambiare, come già detto. A parte ciò, il paziente e il terapeuta dovrebbero sempre definire all’inizio della terapia un limite di tempo o numero di sedute entro il quale dovranno esserci stati dei miglioramenti. Il paziente deve avere il tempo di rendersi conto di come ci si sente in una seduta, e che questo tipo di conversazione è diverso da quelli che si possono avere tutti i giorni. È anche importante, durante questo periodo, non diventare ossessionati dal chiedersi se stia o meno funzionando, se ci piace davvero questo terapeuta, se è in grado di aiutarci e così via. Date tempo al tempo. Altrimenti sarebbe come andare in palestra due volte e poi controllare i muscoli per vedere se sono già aumentati.
Una seduta di terapia dovrebbe sempre essere interessante e anche un po’ intrigante. A volte potrà sembrare strana, frammentaria e inconcludente, oppure far venire voglia di smettere, ma il paziente dovrebbe sempre restare con la sensazione che qualcosa di nuovo e interessante sta succedendo. Dovreste essere curiosi su cos’è che vi sta facendo sentire, pensare e comportare proprio in quel modo e su come i vari aspetti ed eventi della vostra vita si collegano fra loro in modi che non avevate ancora considerato. Dovreste anche sentirvi come se le vostre sensazioni diventino man mano più “vere”, nel senso di più autentiche, più genuinamente integrate e personali.
Se entro le prime cinque sedute non sarete riusciti a percepire nulla di tutto ciò, dovete riportarlo al terapeuta. Potrebbe essere che la vostra resistenza alla terapia sia troppo grande in questo momento della vostra vita. Tuttavia, la parola “resistenza” è almeno in parte un commento sulle capacità del terapeuta. Potrebbe essere che la relazione che si è instaurata fra voi e il terapeuta non sia quella ottimale e che voi non vi sentiate a vostro agio con lui/lei. In ogni caso, parlatene. Se non vedete spiragli di soluzione a questo problema e le cose non dovessero cambiare in breve, cercate un altro terapeuta.
Ciò che più di ogni altra cosa deve interessarvi ottenere da una terapia è la cosiddetta esperienza emozionale correttiva. Questa definizione indica qualunque esperienza voi facciate attraverso le interpretazioni, le indicazioni e le prescrizioni che il vostro terapeuta vi darà, e che segnerà lo sblocco, il momento di rottura fra il vecchio modo di percepire il vostro problema e un modo del tutto nuovo. Questa esperienza non ha niente a che vedere con la razionalità e non si tratta di apprendimento. All’improvviso, senza sapere perché vi sentite meglio, più sani, più speranzosi, più decisi, più energici, tutto sembra essere più chiaro e i sintomi sono scomparsi. Questa è la magia che una buona psicoterapia ha da offrire. Naturalmente la terapia non terminerà subito dopo: è necessaria una successiva fase di consolidamento, per far sì che le situazioni che prima provocavano il problema perdano completamente la propria forza, che i nuovi schemi di reazione si assestino, si stabilizzino e diventino definitivi, per evitare ricadute.