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Più di ogni altra professione, la psicoterapia è oggetto di una satira spietata e agguerrita. Pensate ai Film diretti e interpretati da Woody Allen nei quali la Psicoanalisi o comunque la cura attraverso l’uso delle parole assume carattere il piu’ delle volte cameratesco.

Come in ogni professione esistono anche terapeuti incompetenti e ciò può aver contribuito alla percezione distorta di ciò che il terapeuta fa.

Inoltre, per un principio cognitivo ben noto, gli esseri umani notano e ricordano molto di più ciò che va male rispetto a ciò che va bene.

Ben lo sanno imprenditori e commercianti, per i quali è faticosissimo farsi un nome e facilissimo perderlo a causa di una sola partita di merce avariata. E lo stesso vale per le professioni (Pologe, 2008).

Vediamo quindi, innanzitutto, di definire ciò che la psicoterapia non è.

1. Non è attenzione positiva e incondizionata, anche se a volte è anche questo. Non c’è niente di male nel dare conforto e sostegno ma ciò non è, di per sé, psicoterapia.

2. È necessario sentire che si può aver fiducia nel proprio terapeuta, ma non è necessario sentirsi in ogni momento a proprio agio durante le sedute. Infatti, se le domande e le osservazioni del vostro terapeuta non vi provocassero mai neanche il più piccolo disagio, potreste non arrivare mai da alcuna parte.

3. A volte la terapia può raggiungere punte molto alte d’intensità, mentre con altri pazienti o in altri momenti può presentarsi come un processo amorfo, vago e privo di meta.

4. In entrambi i casi, però, dovrebbero sempre essere percepibili i cambiamenti che ci si aspettano dal trattamento. Diversamente, la terapia non sta funzionando.

La psicoterapia non è dare consigli. Il mondo è pieno di consigli e consiglieri.

Parte di ciò che fa arrivare le persone in terapia è proprio l’essersi persi in tutti quei consigli, il non riuscire più a metterli in ordine e a dare il giusto peso a ciò che è importante e a ciò che non lo è.

L’ultima cosa di cui il paziente ha bisogno, quindi, è ancora un altro consiglio. L’obiettivo del trattamento è riscoprire la propria voce, le proprie priorità e il coraggio per agire su di esse.

Non c’è bisogno di dire a un paziente cosa fare del suo matrimonio, della sua carriera o delle sue ansie.

Se si riesce a fargli percepire il problema da una differente angolatura, saprà meglio di chiunque altro cosa è meglio per sé.

E la volta successiva che si troverà di fronte a situazioni simili, non si confonderà di nuovo così facilmente.

 

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