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Ma la terapia a distanza funziona davvero?
«Non avevo mai fatto terapia a distanza prima perché non l’avevo mai considerata un’opzione», ha raccontato al Post una paziente in terapia da alcuni anni: «Il passaggio però è andato liscio: forse perché conoscevo già la terapeuta, non ero affatto diffidente e anzi mi sembrava un ottimo strumento per avere un sostegno a cui altrimenti avrei dovuto rinunciare. Personalmente continuo a preferire le sedute di persona, ma penso che d’ora in poi alternerò le due modalità perché la comodità della videochiamata è impagabile».

Anche molti terapeuti inizialmente erano scettici. Tradizionalmente, infatti, nelle scuole di psicoterapia viene data molta importanza al setting, cioè alla cornice e alle norme che regolano il rapporto tra terapeuta e paziente: la stanza in cui si svolge la terapia, per esempio, o la disposizione delle poltrone su cui ci si siede, l’orario e il giorno della seduta sono tutte cose che andrebbero mantenute il più possibile invariate. Considerato questo, molti professionisti si chiedevano se spostare le sedute da una stanza allo schermo di un computer potesse avere effetti negativi. In realtà, dopo averla provata per qualche mese, anche i più critici hanno rivalutato la psicoterapia online e molti hanno già detto che proporranno ai pazienti di mantenerla.

Negli ultimi anni molti studi hanno dimostrato che la terapia online può essere una valida alternativa a quella di persona nella maggioranza dei casi, e che le due sono paragonabili sia sul piano della soddisfazione del paziente che negli effetti a lungo termine. «Secondo la nostra esperienza, la maggior parte dei pazienti può essere seguita a distanza dall’inizio alla fine: diciamo un buon 85 per cento», ha spiegato Stefano Porcelli: «Per gli altri invece è opportuno almeno un primo contatto di persona e magari un’alternanza tra sedute in studio e sedute online, nel caso in cui il paziente abbia problemi logistici».

I vantaggi della psicoterapia online
A prescindere dalla pandemia, la psicoterapia a distanza ha una serie di indiscutibili vantaggi. Per persone che dopo aver iniziato una terapia di persona decidono di trasferirsi in un’altra città o in un altro paese, il passaggio a quella online è una buona soluzione per non interrompere una relazione terapeutica che funziona e dover ricominciare tutto da capo con un nuovo professionista. Per alcuni pazienti, la terapia con videochiamata è l’unica opzione possibile: per esempio per chi vive in zone particolarmente isolate, per chi ha problemi di mobilità a causa di disabilità fisiche, malattie croniche o disagi psicologici (come la paura degli spazi aperti o forme di fobia sociale). O semplicemente in quei casi in cui non ci sono tanti psicoterapeuti disponibili nelle vicinanze, soprattutto a costi accessibili.

L’American Psychological Association ha notato che per i pazienti più giovani, abituati fin da piccoli a una comunicazione mediata da chat e chiamate, la terapia online possa risultare più rassicurante di un incontro di persona. È quello che pensa anche uno dei pazienti del Santagostino intervistati a riguardo: «non avendo un confronto diretto, forse ti puoi sfogare meglio: per me parlare in faccia a una persona è più difficile che farlo a distanza».

Per il terapeuta, un vantaggio può essere quello di vedere l’ambiente dove il paziente vive, di continuare a seguire persone anche dopo che si sono trasferite, o che fanno fatica a trovare il tempo di continuare il percorso. E naturalmente chi lavora a distanza non ha necessariamente bisogno di uno studio, può risparmiare sull’affitto e abbassare il prezzo della terapia.

Cosa può andare storto?
Ovviamente, la terapia a distanza ha anche i suoi limiti: se è vero che elimina tutte le difficoltà logistiche, c’è sempre il rischio di un malfunzionamento dei mezzi tecnici o di una connessione non adeguata. «Inizialmente poteva capitare che l’applicazione che usavamo avesse dei problemi», ha raccontato Porcelli, «poi però abbiamo notato una serie di sviluppi tecnici che in poco tempo hanno cambiato completamente la nostra esperienza: probabilmente perché durante il lockdown le aziende dei software per le videochiamate hanno fatto grossi investimenti e miglioramenti».

Un altro aspetto che può essere critico è quello della privacy del paziente: chi vive con altre persone in casa può fare fatica a trovare un luogo isolato e silenzioso dove dedicarsi alla seduta. Durante il lockdown, hanno raccontato alcuni psicoterapeuti del Santagostino, capitava di fare sedute con pazienti chiusi in macchina o seduti sulla panchina di un parco. Dopo il lockdown comunque non è più successo e quasi sempre i pazienti riescono a trovare una stanza dove fare terapia indisturbati.

«È capitato che qualche seduta venisse fatta al telefono, soprattutto in caso di problemi con la connessione, ma in generale non è una cosa che facciamo o consigliamo», ha continuato Porcelli: «In terapia la cosa più importante sono le parole, ma il terapeuta osserva anche alcuni elementi come la mimica e l’emotività del paziente, che senza video si perdono completamente. Anche il passaggio dal vivo al video fa perdere alcuni elementi della terapia, ma molti meno. Come terapeuti abbiamo tutti dovuto adattarci: abbiamo dovuto rinunciare per esempio a vedere come il paziente si muove nello spazio, e abbiamo dovuto spostare tutta l’attenzione sulle espressioni del viso».

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