Nel vasto panorama della psiche umana, pochi concetti sono così centrali e interconnessi come l’identità e l’autostima. Sono le colonne portanti su cui si erige il nostro senso di chi siamo, del nostro valore e del nostro posto nel mondo. Ma da dove provengono? E come si sviluppano, o talvolta si frammentano? La psicoterapia psicoanalitica offre una lente unica per esplorare le intricate dinamiche che sottostanno a questi pilastri del Sé.
L’Identità: Un Costrutto in Evoluzione
L’identità, nel contesto psicoanalitico, non è una semplice etichetta statica, ma un processo dinamico e complesso di costruzione e integrazione. Erik Erikson, con la sua teoria dello sviluppo psicosociale, ha sottolineato l’importanza della “crisi di identità” nell’adolescenza, un periodo cruciale in cui l’individuo cerca di integrare i vari ruoli e aspetti di sé per formare un senso coerente di identità personale (“Identità vs. Confusione di Ruolo”). Tuttavia, le fondamenta di questo processo vengono gettate molto prima.
L’Autostima: Eco delle Prime Relazioni
L’autostima, ovvero la valutazione che abbiamo di noi stessi, affonda le sue radici nelle prime esperienze relazionali. Sigmund Freud stesso, pur non utilizzando il termine “autostima” nel senso moderno, ha posto le basi per la sua comprensione attraverso concetti come l’ideale dell’Io e il Super-Io. L’ideale dell’Io rappresenta un’immagine di perfezione a cui il soggetto aspira, derivata dalle identificazioni con figure genitoriali idealizzate. La discrepanza tra il Sé percepito e questo ideale può generare sentimenti di inferiorità o colpa. Il Super-Io, con le sue funzioni di critica e auto-osservazione, gioca un ruolo cruciale nella regolazione dell’autostima, attraverso le “approvazioni” e le “condanne” interne.
Il Contributo Cruciale della Psicologia del Sé di Kohut
Uno degli autori che più approfonditamente ha esplorato l’autostima è stato Heinz Kohut, fondatore della Psicologia del Sé. Kohut ha sottolineato come lo sviluppo di un Sé coeso e di una sana autostima dipenda dalla soddisfazione di bisogni “narcisistici” primari, che egli ha definito bisogni di “oggetti-Sé”. Questi includono:
- Bisogno di rispecchiamento (mirroring): Il bambino necessita di essere visto, ammirato e riconosciuto nelle sue espressioni di grandezza e unicità. Un rispecchiamento empatico da parte dei genitori consolida il “Sé grandioso e onnipotente” dell’infanzia, trasformandolo in una sana ambizione adulta.
- Bisogno di idealizzazione: Il bambino ha bisogno di figure genitoriali da idealizzare, figure forti e calme con cui fondersi, per interiorizzare un senso di forza e sicurezza.
- Bisogno di alter ego/gemellare: La necessità di sentirsi simili e connessi agli altri, di condividere esperienze e talenti.
Quando questi bisogni non vengono adeguatamente soddisfatti, il Sé può rimanere frammentato, vulnerabile e cronicamente carente in autostima. Le persone possono sviluppare un “Sé grandioso” patologico (che maschera profonda insicurezza) o una perenne ricerca di approvazione esterna.
Il Vero Sé e il Falso Sé di Winnicott
Un altro contributo fondamentale alla comprensione dell’identità e dell’autostima viene da Donald Winnicott. Con il suo concetto di “Vero Sé” e “Falso Sé”, Winnicott ci mostra come l’autenticità del Sé si sviluppi in un “ambiente di holding” (sostegno) fornito da una “madre sufficientemente buona”. Se il genitore riesce a sintonizzarsi empaticamente con i bisogni spontanei del bambino, permettendogli di sperimentare la propria unicità e i propri gesti spontanei, si sviluppa il Vero Sé, un nucleo autentico e vitale di personalità.
Al contrario, se il genitore è eccessivamente invadente, manipolativo o incapace di tollerare la spontaneità del bambino, quest’ultimo può sviluppare un Falso Sé. Questo Falso Sé è una maschera compiacente, un’organizzazione difensiva che si adatta alle aspettative esterne per proteggere un nucleo più vulnerabile, ma a scapito dell’autenticità e della vitalità. Vivere attraverso un Falso Sé porta a un senso di vuoto, alienazione e, inevitabilmente, a problemi di autostima, poiché il valore percepito deriva dalla capacità di compiacere, non dalla propria intrinseca essenza.
L’Integrazione delle Rappresentazioni Oggettuali in Kernberg
Otto Kernberg, con la sua teoria delle relazioni oggettuali, sottolinea come l’identità e l’autostima siano strettamente legate all’integrazione delle rappresentazioni di Sé e degli altri. Nelle prime fasi dello sviluppo, le rappresentazioni sono “scisse” in parti “tutte buone” o “tutte cattive”. Una sana autostima si sviluppa quando l’individuo è in grado di integrare queste rappresentazioni, riconoscendo che sia sé stessi che gli altri possono avere sia qualità positive che negative, senza dover scindere o idealizzare. La persistenza di difese primitive come la scissione può portare a un’identità frammentata e a un’autostima instabile, oscillante tra idealizzazione e svalutazione.
Il Ruolo della Psicoterapia Psicoanalitica
La psicoterapia psicoanalitica offre uno spazio unico e protetto per esplorare queste complesse dinamiche. Attraverso la relazione terapeutica, il paziente può rivivere e rielaborare le esperienze relazionali precoci che hanno plasmato la sua identità e autostima. È qui che si possono identificare e comprendere i conflitti inconsci, le difese obsolete e i pattern relazionali che continuano a minare il senso di Sé.
Il terapeuta, attraverso l’ascolto attento, l’empatia e l’interpretazione, aiuta il paziente a integrare aspetti scissi della personalità, a modulare un Super-Io eccessivamente critico e a sviluppare una narrazione di sé più coesa e autentica. È un processo che richiede tempo e impegno, ma che porta a una maggiore conoscenza di sé, a una fiducia intrinseca nel proprio valore e alla capacità di vivere una vita più autentica e soddisfacente. Si tratta di un percorso in cui è fondamentale rispettare i ritmi di apprendimento di ciascuno e sfruttare gli errori per la crescita lavorativa del processo analitico.
In definitiva, l’identità e l’autostima non sono doni del destino, ma complessi costrutti psicologici che si sviluppano nelle profondità della nostra storia relazionale. Comprendere queste radici, con l’aiuto della lente psicoanalitica, è il primo passo per costruire un Sé più solido e autentico.