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La società contemporanea mette a dura prova genitori di giovani adolescenti. In realtà si impara a diventare genitori consapevoli, non lo si è per un dono naturale ma perchè ci si impegna nel quotidiano ad affrontare numerose diatrìbe.

La Psicologia contemporanea interviene là dove l’adulto ha perso ogni tipo di speranza e motivazione nei confronti della crescita del proprio figlio.

Dice Paola (una paziente con nome fittizio): ” Non trovo più la forza di giungere ad un compromesso, ha vinto lui (il figlio)! gli faccio fare quello che vuole, sono stufa di dover continuamente negoziare….”

La negoziazione è uno dei termini chiave che sento spesso riproporre da più parti. Sembra che si debba comunque trovare un punto intermedio per giungere ad un accordo e si è dunque perso ogni tipo di meccanismo regolatore delle esigenze del figlio.

Chi educa chi?

Si sono andate perdendo le coordinate basilari per l’accesso ad un percorso educativo, ovvero il genitore tende a fare l’amico,  il figlio (per fortuna) fa ancora il figlio ma su di un piano totalmente diverso rispetto a prima. Lo fa, facendosi carico di quelli che sono i “nuovi genitori”, coloro che per fragilità o immaturità non riescono a “tenere fermo” il loro ruolo di adulti/educatori, nonchè di persone coinvolte in un processo affettivo con i propri figli.

La psicologia clinica si basa dunque sulla comprensione profonda di queste difficoltà e del perchè, ai tempi moderni, si assista ad un meccanismo involutivo piuttosto che evolutivo del processo di attaccamento/accudimento, il quale non ha in realtà un termine.

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