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Fra le anoressie primarie riveste senz’altro un significato preponderante l’anoressia nervosa o mentale, che attualmente si tende a considerare come un’entità nosografica a sé stante, nell’ambito delle psicosi endogene. L’anoressia mentale è caratterizzata da un costante rifiuto ad alimentarsi e non da un rifiuto o ripugnanza nei confronti del cibo in quanto tale, che anzi sovente è vissuto dai soggetti anoressici come interessante e piacevole. È l’atto del nutrirsi che per l’anoressico è carico di significati angoscianti e minacciosi, tale da indurlo a uno stato di iponutrizione cronica globale e persino alla cachessia.
Secondo H. Bruch (1988), l’anoressia nervosa si può riconoscere per tre segni particolari, di cui i primi due sono direttamente connessi con il corpo: a) un disturbo nella percezione dell’immagine del proprio corpo, che può assumere anche modalità deliranti e che spiega perché chi soffre di anoressia nervosa non è preoccupato – anzi sembra distaccato o talora gratificato – anche quando la diminuzione di peso assume proporzioni vistose; b) un disturbo nei processi percettivo-cognitivi che riguardano gli stimoli provenienti dal corpo e danno luogo a fenomeni di negazione compensatoria, come per es. l’iperattività, anche quando è evidente l’esaurimento di energia fisica; c) un senso di impotenza, quasi di paralisi, che si collega con il terrore di perdere il controllo delle spinte istintuali orali e quindi di essere travolti dall’impulso incontrollato e incontrollabile ad assumere cibo (bulimia).
Dal punto di vista psicodinamico, all’origine di questi processi vi è una forte situazione conflittuale, dovuta a una figura materna o a una famiglia iperprotettiva che non riesce a favorire lo sviluppo autonomo dei figli. In queste situazioni, seppure inconsciamente, si attribuisce un valore simbolico troppo elevato all’atto del nutrirsi e si usa il rapporto con il cibo come ricatto affettivo.
L’anoressia nervosa si manifesta prevalentemente nelle giovani anziché nei ragazzi, con un rapporto di circa 15 a 1. La fascia d’età più colpita va dai 12 ai 24 anni.

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