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Perfezionismo: impedimento o risorsa?

Il termine “perfezionismo” può avere due letture,

Da un lato, è definito come “un’aspirazione, talvolta eccessiva, a raggiungere la perfezione, nella propria vita o nel proprio lavoro”; dall’altro, è “una tendenza ossessiva, che impedisce all’individuo di realizzare qualcosa, per eccesso di narcisismo o autocritica”.

Il perfezionismo può essere quindi visto come un ostacolo o una risorsa, a seconda di come la persona ha imparato a convivere con questa caratteristica di personalità.

Vediamo quali possono essere i 10 tratti del cosiddetto perfezionista

  1. Precisione
    La precisione si può annoverare fra le caratteristiche positive del perfezionista. Egli, infatti, è meticoloso, accurato, attento ai dettagli e ciò gli permette di raggiungere risultati eccellenti.
    Attenzione però: chi è eccessivamente preciso rischia di perdere tempo, concentrandosi su particolari inutili.
     
  2. Determinazione
    Una persona che mira alla perfezione è anche molto determinata nel raggiungere dei propri obiettivi. È organizzata e tenace, orientata alla prestazione, vuole che i propri successi siano riconosciuti.
    Attenzione: può arrivare a dipendere eccessivamente dal risultato e dall’approvazione degli altri.
     
  3. Ambizione
    Il successo è la misura del suo impegno, per questo tende a voler superare sempre se stesso. L’ambizione è il carburante che gli consente di raggiungere mete elevate.
    Il rischio è quello di non accontentarsi, di non godersi ciò che raggiunge e di vivere una continua frustrazione.
     
  4. Responsabilità
    Determinazione, ambizione e precisione, fanno del perfezionista un individuo responsabile, di cui potersi fidare. Raggiungere l’obiettivo è per lui il compito fondamentale, sia nel lavoro che nella vita privata.
    Un difetto: tende a voler fare tutto da solo, perché non si fida degli altri o perché non li reputa alla sua altezza.
     
  5. Pignoleria
    La precisione diventa un limite quando si trasforma in pignoleria. Il rischio è quello di trasformare un compito in ossessione.
    Essere eccessivamente puntiglioso, può portare il perfezionista a non completare affatto un lavoro o a trascurare gli altri aspetti della propria vita.
     
  6. Eccellenza 
    Mirare all’eccellenza è motivante e sprona al continuo miglioramento. 
    Nella versione estrema, il perfezionista è ostinato a perseguire risultati eccellenti secondo standard irragionevoli. Non riconosce i propri limiti, è ansioso e rigido, teso a produrre una prestazione senza sbavature.
    Anche questo atteggiamento, se esasperato, può portare allo sviluppo di un’ossessione.
     
  7. Dipendenza
    Alla base del comportamento del perfezionista, c’è una forte dipendenza dall’approvazione altrui. Si preoccupa di essere riconosciuto per le sue doti e lodato, di soddisfare le loro aspettative.
    È spaventato dalla possibilità di commettere errori, che vede come macchie e non come possibilità per crescere.
     
  8. Controllo
    Il perfezionista non è abituato ad esprimere le proprie emozioni, ma solo a fornire prestazioni. Ha imparato ad essere apprezzato per quello che fa e non per quello che è.
    Per questo motivo, appare freddo e distaccato, cerca di contenere le emozioni perché le considera d’intralcio.
     
  9. Autocritica
    Il giudizio che il perfezionista ha di se stesso è sempre critico. Egli crede di non fare mai abbastanza, si punisce per gli errori invece di imparare da essi.
    Non si accetta ed è sempre insicuro, lo spettro del fallimento lo immobilizza. Allo stesso modo, anche nei confronti degli altri è molto giudicante.
     
  10. Insoddisfazione
    Se il perfezionista non impara ad apprezzare i propri successi, oltre che a raggiungerli, non sarà mai soddisfatto di sé.
    Spesso, infatti, si sente frustrato dal fatto che poteva fare ancora meglio. In questo modo, non riuscirà mai ad accettarsi e a sentirsi veramente realizzato.



Come diventare genitori consapevoli

La società contemporanea mette a dura prova genitori di giovani adolescenti. In realtà si impara a diventare genitori consapevoli, non lo si è per un dono naturale ma perchè ci si impegna nel quotidiano ad affrontare numerose diatrìbe.

La Psicologia contemporanea interviene là dove l’adulto ha perso ogni tipo di speranza e motivazione nei confronti della crescita del proprio figlio.

Dice Paola (una paziente con nome fittizio): ” Non trovo più la forza di giungere ad un compromesso, ha vinto lui (il figlio)! gli faccio fare quello che vuole, sono stufa di dover continuamente negoziare….”

La negoziazione è uno dei termini chiave che sento spesso riproporre da più parti. Sembra che si debba comunque trovare un punto intermedio per giungere ad un accordo e si è dunque perso ogni tipo di meccanismo regolatore delle esigenze del figlio.

Chi educa chi?

Si sono andate perdendo le coordinate basilari per l’accesso ad un percorso educativo, ovvero il genitore tende a fare l’amico,  il figlio (per fortuna) fa ancora il figlio ma su di un piano totalmente diverso rispetto a prima. Lo fa, facendosi carico di quelli che sono i “nuovi genitori”, coloro che per fragilità o immaturità non riescono a “tenere fermo” il loro ruolo di adulti/educatori, nonchè di persone coinvolte in un processo affettivo con i propri figli.

La psicologia clinica si basa dunque sulla comprensione profonda di queste difficoltà e del perchè, ai tempi moderni, si assista ad un meccanismo involutivo piuttosto che evolutivo del processo di attaccamento/accudimento, il quale non ha in realtà un termine.

I cambiamenti ci spaventano?

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Se dovessimo tracciare una linea (rappresentativa del nostro arco di vita) su di un  foglio bianco e ne dovessimo evidenziare momenti positivi e momenti con segno meno, noteremmo certamente una variabilità significativa. La maggior parte delle persone sottoposte a questo esperimento segnala e descrive cambiamenti repentini, all’interno dei quali, molte cose subiscono una inflessione. Sul piano strettamente psicologico occorre fare alcune precisazioni: che cosa spaventa di più, il fatto di dover abbandonare delle certezze o, piuttosto, il senso di estraneità nei confronti del nuovo?

Da numerose indagini effettuate in laboratorio, si è notato come sia certamente il nuovo, il non conosciuto a spaventare maggiormente. La ciclicità di un determinato fenomeno assicura tranquillità e mantiene il livello di Arousal verso il basso. In definitiva, lo Psicologo e Psicoterapeuta interviene in tutti quei casi nei quali la persona ha subito per anni un declino ed una variazione repentina della propria vita, accumulando esperienze negative molteplici. Di fatto la terapia ha la funzione di supporto e di contenimento delle problematiche del soggetto, nonché il ruolo di catalizzatore di tutte le risorse ed energie indispensabili del soggetto per poter procedere nella propria vita.

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